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Atti di famiglia

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RAPPORTI PATRIMONIALI TRA CONIUGI

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Rapporti patrimoniali tra cugini

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Il matrimonio produce una serie di effetti nei rapporti tra i coniugi e nei confronti dei figli. Tra questi vi sono obblighi di diversa natura.

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Infatti a seguito della celebrazione del matrimonio, il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi compiti. In particolare, i doveri che derivano dal matrimonio sono individuati dall’art. 143 c.c., il quale fa riferimento all’obbligo di fedeltà e all’obbligo di assistenza morale e materiale.

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La famiglia ed il matrimonio sono disciplinati dalla legge basandosi sulla uguaglianza sia morale che giuridica dei coniugi. La legge prevede per i coniugi, nell’ambito del rapporto familiare, diritti e doveri sia tra i coniugi stessi (rapporti personali ed anche rapporti patrimoniali) e nei confronti dei figli e degli altri parenti.

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La legge regola molti aspetti della vita della famiglia.

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In questo settore del diritto il ruolo del notaio può essere molto utile: egli infatti ha una conoscenza specifica della materia ed è in grado di informare specificamente sulle implicazioni legali in merito alla scelta del regime patrimoniale ed alla scelta relativa alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali all’interno della famiglia.

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Il notaio può inoltre portare a conoscenza delle diverse disposizioni di legge relative ai singoli casi concreti e può suggerire le soluzioni più idonee per regolare i rapporti tra coniugi, per operare correttamente nei confronti dei figli o nei confronti di eventuali soggetti incapaci, anche al fine di evitare l’assunzione di impegni non conformi alle disposizioni di legge.

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La Comunione dei beni

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l regime di comunione dei beni è una delle due possibili modalità per regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi.

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La comunione dei beni è il regime volto a determinare la condivisione nel matrimonio, da parte dei coniugi, degli incrementi di ricchezza conseguiti da marito e moglie, anche per effetto dell’attività separata di ciascuno di essi.

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La riforma del diritto di famiglia, nel 1975, ha previsto la comunione dei beni quale regime legale applicabile in mancanza di un’apposita convenzione, fermo restando la possibilità per i coniugi di adottare un regime di separazione dei beni.

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Come funziona la comunione dei beni

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Nel regime di comunione i beni sono comuni ad entrambi i coniugi indipendentemente da chi effettivamente fa l’acquisto e soprattutto da chi effettua il pagamento.

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Non rientrano nella comunione i beni personali, ossia:

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beni che ciascun coniuge possedeva prima del matrimonio;

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beni acquistati anche successivamente al matrimonio per successione o donazione (a meno che il testamento o la donazione non preveda l’attribuzione alla comunione);

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beni di uso strettamente personale;

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beni che servono all’esercizio della professione;

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beni che vengono acquistati con i proventi del trasferimento di altri beni personali.

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Comunione dei beni e separazione

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In caso di separazione personale dei coniugi o di divorzio il regime di comunione dei beni cessa poiché smettono di esistere i principi di condivisione sui quali è fondato. In caso di comunione e in assenza di testamento, l’eredità si devolve secondo legge.

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Il notaio è una figura esperta del diritto di famiglia che può fornire informazioni utili sia sulle regole generali che per affrontare singoli casi concreti.

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La separazione dei beni

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Due sono i regimi patrimoniali possibili per legge: il regime di comunione dei beni e il regime di separazione dei beni.

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I coniugi possono scegliere la modalità con la quale regolare il loro rapporto patrimoniale prima, durante o dopo la celebrazione del loro matrimonio.

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La separazione dei beni è quel regime con il quale ciascun coniuge rimane titolare esclusivo dei beni di sua spettanza e di ogni acquisto futuro anche in costanza di matrimonio, con il diritto di poter amministrare il proprio patrimonio senza alcuna intromissione da parte dell’altro coniuge.

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Fino al 1975, prima della riforma del diritto di famiglia, a tutte le coppie che non avessero stipulato una convezione matrimoniale, veniva automaticamente applicato il regime di separazione dei beni.

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Quando scegliere la separazione dei beni

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La riforma del diritto di famiglia ha invertito la situazione stabilendo che il regime legale applicato in maniera automatica fosse quello della comunione dei beni. Resta salva la possibilità per i coniugi di scegliere il regime di separazione dei beni:

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– prima del matrimonio;

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– durante il matrimonio;

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– dopo il matrimonio.

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Infatti i coniugi, davanti al notaio, attraverso l’atto di convenzione matrimoniale di separazione dei beni possono manifestare la volontà di mettere fine al regime di comunione dei bene che fino a quel momento ha regolato il loro matrimonio.

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Vantaggi della separazione dei beni

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Nel regime di separazione dei beni i coniugi mantengono separati i rispettivi patrimoni e amministrano, godono e dispongono liberamente dei propri beni.
Il regime di separazione dei beni non deve essere confuso con la separazione dei coniugi o, addirittura, con il divorzio: il primo infatti regola e definisce la gestione del patrimonio di una coppia, il secondo indica la rottura del rapporto coniugale.

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Il regime di separazione dei beni in caso di morte di uno dei coniugi non modifica i diritti di successione di ciascuno infatti l’eredità si devolve senza cambiamenti.

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Il notaio è una figura esperta nel diritto di famiglia che può fornire informazioni utili sia sulle regole generali sia sui singoli casi concreti.

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Fondo patrimoniale

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Cos’è il fondo patrimoniale

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Il fondo patrimoniale, disciplinato dagli artt. 167 e ss. del codice civile, è un istituto che permette ai coniugi o ad un terzo di destinare un complesso di beni per far fronte ai bisogni della famiglia avendo riguardo all’indirizzo della vita familiare, alle condizioni economiche e al ceto sociale a cui i coniugi appartengono.

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Il fondo patrimoniale può affiancare indifferentemente sia il regime patrimoniale della comunione legale dei beni che il regime della separazione dei beni che i coniugi hanno scelto per regolare i loro rapporti.

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Questo costituisce un “patrimonio separato” ovvero un “patrimonio di destinazione” finalizzato a garantire le obbligazioni contratte per la soddisfazione dei bisogni familiari. I coniugi sono obbligati a utilizzare i beni di cui è composto il fondo unicamente al soddisfacimento dei bisogni della famiglia stessa.

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I creditori potranno aggredire i beni del fondo patrimoniale ed i loro frutti in due casi:

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– se il debito è stato contratto dai coniugi per far fronte ai bisogni della famiglia;

– se il debito è stato contratto dai coniugi per scopi estranei ai bisogni della famiglia e di tale circostanza i creditori non fossero a conoscenza.

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Come già detto la costituzione del fondo patrimoniale può avvenire ad opera di uno o di entrambi i coniugi oppure da parte di un terzo: per legge l’atto di costituzione del fondo deve essere redatto per atto pubblico, davanti ad un notaio e alla presenza di due testimoni (salvo il caso di costituzione mediante testamento).

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I coniugi sono liberi di determinare il contenuto dell’atto di costituzione nei limiti che incontrano tutte le convenzioni matrimoniali: in particolare la contitolarità dei poteri di amministrazione del fondo, l’inderogabilità del regime di responsabilità patrimoniale a cui è sottoposto il fondo. Inoltre coniugi possono variare in qualsiasi momento il fondo patrimoniale, anche integrando o sopprimendo le varie clausole introdotte nell’atto di costituzione.

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Termine del fondo patrimoniale

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Il fondo patrimoniale, ai sensi dell’art. 171 c.c., può terminare in seguito all’annullamento, allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.

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Tuttavia, nel caso in cui il matrimonio sia annullato, sciolto o cessi e siano nati figli e questi siano ancora minori al momento della cessazione del matrimonio, il fondo patrimoniale rimarrà in vita fino al raggiungimento della maggiore età da parte dell’ultimo dei figli.

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Il notaio fornisce assistenza e consulenza per valutare le specifiche esigenze che i coniugi hanno nell’affrontare i loro rapporti patrimoniali anche in relazione alla loro vita professionale.

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L’impresa familiare

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L’impresa familiare e le sue caratteristiche

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L’impresa familiare, pur non rappresentando un “tipo societario” vero e proprio, è un istituto giuridico che regola i rapporti che nascono in seno ad una impresa ogni qualvolta uno o più familiari dell’imprenditore prestano la loro opera in modo continuativo nella famiglia o nella stessa impresa.

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La circostanza che un soggetto titolare di una impresa individuale svolga la propria attività con la collaborazione dei suoi familiari è molto frequente.

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La regolazione di tali rapporti è spesso affidata ad accordi “di fatto” tra i componenti del nucleo familiare.

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La legge, con la previsione dell’impresa familiare (art. 230 bis del codice civile), offre invece una soluzione giuridica per disciplinare compiutamente tali rapporti.

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L’impresa familiare viene realizzata con la sottoscrizione di un “atto enunciativo” che ne disciplina gli aspetti fondamentali che verrà poi autenticato e registrato a cura del notaio.

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L’impresa familiare è costituita dall’imprenditore, che di regola è il fondatore ed al quale spettano le decisioni di ordinaria gestione, dal coniuge e/o dai parenti entro il terzo grado e dagli affini entro il secondo grado.

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Dell’impresa familiare inoltre possono far parte i figli adottivi e naturali.

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I familiari hanno diritto al mantenimento in rapporto alle condizioni economiche della famiglia, alla partecipazione agli utili, ai beni acquistati con gli utili, e agli incrementi dell’azienda.Tali diritti non sono invece riconosciuti ad eventuali collaboratori legati da altri vincoli.

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La formazione di un’impresa familiare

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La formazione di un’impresa familiare risulta decisamente conveniente dal punto di vista fiscale,in quanto legata alla possibilità di ripartire il reddito fra più soggetti. La ripartizione, infatti, consente di attenuare la progressività dell’IRPEF. Il reddito dell’impresa familiare va imputato ad ogni collaboratore in proporzione alla sua partecipazione agli utili.

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La disciplina fiscale richiede un ulteriore requisito al lavoro svolto dai familiari: la collaborazione fiscalmente rilevante deve essere prevalente rispetto a qualsiasi altra attività lavorativa del collaboratore (oltre che continuativa).

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Il notaio è chiamato ad autenticare e registrare gli atti enunciativi di impresa familiare, può fornire informazioni utili sulle regole generali dell’istituto e può dare assistenza per la formazione dell’atto, al fine di redigere le clausole più adeguate al caso concreto.

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Il Trust

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Il trust è un istituto giuridico che, nell’interesse di uno o più beneficiari, permette di strutturare in vario modo “posizioni giuridiche” basate su legami fiduciari per la gestione generale di un patrimonio o per uno specifico scopo.

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Le parti che relative a questo istituto giuridico (o più correttamente le “posizioni giuridiche”) sono solitamente tre:

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– una è quella del disponente (settlor), colui che promuove ed istituisce il trust

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– la seconda è rappresentata dall’amministratore/gestore (trustee). Il disponente intesta beni mobili ed immobili all’amministratore, il quale ha il potere-dovere di gestirli secondo le “regole” del trust fissate dal disponente;

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– la terza è quella del beneficiario (beneficiary), espressa o implicita.

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– posizione eventuale è quella del guardiano (protector).

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Il trasferimento di beni nel fondo del trust è vincolato da un legame che intercorre tra il settlor e il trustee, che è il cosiddetto patto di fiducia. Il settlor (disponente) trasferisce l’intestazione (non la proprietà) di quei beni perché vengano amministrati dal trustee nell’interesse dei beneficiari e nei limiti di quanto stabilito nell’atto istitutivo.

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Non esiste un rigido ed unitario modello di trust, ma tanti possibili schemi che è possibile costruire in vista di una finalità ultima da raggiungere. “Posizioni” e “soggetti” possono non coincidere. Modellare un trust in grado di soddisfare un interesse specifico significa individuare le “regole” più idonee per raggiungere il fine che il disponente persegue.

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Un trust valido ha determinati effetti: separazione e protezione del patrimonio, intestazione all’amministratore (che non ne diventa proprietario dei beni in via definitiva), gestione fiduciaria vincolata e responsabilizzata dei beni.

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In Italia attualmente non esiste una legge che regola direttamente l’istituto. Per la prima volta in Italia il trust è stato regolamentato sotto il profilo fiscale dalla legge finanziaria 2007 e da alcune circolari dell’Agenzia delle Entrate, al solo fine di stabilire con chiarezza gli aspetti fiscali e tributari.

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L’utilizzo del trust ha diverse motivatizoni. Le più frequenti sono:

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– la protezione dei beni e la segregazione del patrimonio conferito;

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– la necessità di riservatezza;

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– la tutela dei minori e dei soggetti diversamente abili;

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– la tutela del patrimonio per finalità successorie;

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– la beneficenza;

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– l’investimento (anche con fini pensionistici);

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– i vantaggi di natura fiscale.

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La creazione e regolamentazione di un trust sono procedure molto delicate e talvolta complesse che richiedono un’ampia e specifica conoscenza della materia. Il notaio può fornire assistenza e suggerire le soluzioni più idonee per affrontare i casi concreti e le esigenze reali.

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